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Vita Figlio di Batto e Mesatma, Callimaco veniva da una famiglia che poteva vantare una discendenza dal fondatore della città, che portava lo stesso nome del padre. Trascorsi i primi anni nella terra nativa, Cirene, fu costretto a recarsi in Egitto, ad Alessandria, dove fu prima allievo di Ermocrate di Iaso, per poi assumere l'incarico di maestro di scuola. Successivamente ad Atene fu discepolo del peripatetico Prassifane di Mitilene. Incominciò a frequentare la corte di Tolomeo II Filadelfo, dove gli fu conferito il delicato compito di catalogare i testi della Biblioteca di Alessandria, fondata dallo stesso re. Da questa esperienza nacquero i Pinakes (o Tavole) della storia letteraria dei Greci: si tratta di una bibliografia a carattere enciclopedico di tutti gli scrittori in lingua greca, suddivisa, a seconda del genere; questo genere verrà ripreso anche da Varrone Reatino nelle sue Imagines. Gli autori erano qui catalogati in ordine alfabetico; ogni nome era accompagnato da una sintetica biografia, seguita dai titoli delle opere, corredati dall'incipit di ciascun testo. L'opera avrebbe dovuto vantare 120 volumi ed era certamente un testo imponente. Successivamente entrò nelle grazie di Tolomeo III Evergete, poiché la moglie Berenice II era concittadina di Callimaco. Da poeta di corte esaltò con carmi encomiastici entrambi. In particolare compose La chioma di Berenice: La regina aveva sacrificato per voto la sua splendida chioma, ma essa sarebbe stata assunta come costellazione del cielo.
[modifica] Opere Scrisse moltissimo sia in versi sia in prosa: secondo la tradizione avrebbe scritto 800 libri, tra cui i citati Pinakes e una serie di opere di erudizione sui più disparati argomenti, dalla storia alla geografia, dalla etnografia alle paradossografie (in greco παραδοξογραφία, cioè testi sulle cose meravigliose). Per ciò che concerne i carmi, vanno ricordati quattro libri di elegie intitolati Aitia (Αἴτια, cioè Origini o Cause), tredici Giambi, sessantatré Epigrammi (confluiti nella cosiddetta Antologia Palatina), sei Inni, Carmi melici (Festa notturna, Apoteosi di Arsinoe, Branco) e un epillio, l'Ecale.
Dell'opera callimachea più rappresentativa, gli Aitia, possediamo circa duecento frammenti. È una silloge di elegie a carattere eziologico, nelle quali l'autore ricerca l'origine di miti, cerimonie e costumi. Callimaco, contrario al poema ciclico (o meglio, rifiuta i sordidi imitatori di Omero a lui contemporanei), utilizza miti nuovi e temi semplici in componimenti non lunghi, ma artisticamente elaborati. Egli è poeta dotto, che scrive per una cerchia limitata di persone colte.
[modifica] Stile Amante della ricerca erudita e del labor limae ovvero la curata elaborazione formale, influenzò la poesia ellenistica e quella romana. Senza di lui, infatti, non sarebbero nati carmi di Catullo, di Virgilio, di Tibullo, di Properzio. Callimaco si eleva tra i contemporanei per l'efficace brevità e concisione dei suoi carmi nonché per la levigatezza formale. Pratica con sistematicità la polueideia (in greco πολυείδεια, la mescolanza di generi) e la poikilia (in greco ποικιλία, la contaminazione di generi, in latino contaminatio). Nel giambo XIII afferma, per esempio, che non esiste nulla che obblighi il poeta a seguire un solo genere letterario. D'altra parte spesso sente la necessità di giustificarsi per le sue scelte e per la sua metaletteratura perché consapevole di essere incredibilmente sperimentale e innovatore.
Contrario alla concezione platonica dell'arte, propone una poesia non didascalica, ma piuttosto orientata al diletto; è arguta, ironica, elegante, con uno stile vivace, conciso ed espressivo. Non manca una certa prolissità, propria dell'epica antica, né infrequente è il ricorso a giochi di parole, neologismi ed etimologie.
Partecipò attivamente alle polemiche letterarie del suo tempo, attaccando i suoi rivali e critici denominati i "Telchini" (vedi l'introduzione degli 'Aitia), ovverosia i fautori di poemi epici ciclici e di ideali letterari superati. Non diversamente da Omero, Callimaco va giudicato come uno dei più grandi artisti della grecità, l'archetipo di un nuova concezione della poesia, quasi precorritrice di quella moderna. Fu maestro di Eratostene di Cirene, di Apollonio Rodio e fu inoltre tra i primi ad utilizzare il genere del simposio per le questioni non filosofiche, ma storiche e letterarie, come faranno in seguito Didimo, Plutarco e Ateneo.
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