L'evoluzione del teatro ellenistico, Dalla Commedia Antica alla Commedia Nuova

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MAguSS
view post Posted on 25/8/2005, 13:07




Il teatro ad Alessandria: gli sviluppi della rappresentazione tragica
Anche in età ellenistica prosegue la tradizione di rappresentare spettacoli drammatici; in quest'ambito tuttavia Atene perde il primato detenuto in età classica (e il ruolo di avanguardia nell'ambito, in particolare, della produzione tragica) a vantaggio dei nuovi poli culturali come Alessandria d'Egitto. In questa città infatti Tolomeo Filadelfo istituì degli agoni drammatici e accolse una cerchia di poeti, alcuni dei quali furono riuniti in un selezionato gruppo detto "Pleiade": ci sono noti i nomi di Alessandro Etolo, Licofrone di Calcide, Omero di Bisanzio, Filico di Corcira, Sositeo, originario forse della Troade.
In età ellenistica si sviluppa però anche una tendenza del tutto nuova, l'uso cioè di realizzare e mettere in scena selezioni tratte dal repertorio del teatro tragico classico. Compagnie stabili di attori (anch'esse una novità) diffondono un nuovo tipo di rappresentazione teatrale, basata su copioni più o meno manipolati per le riprese teatrali e su antologie di testi drammatici, magari riconducibili tutti a un medesimo tema etico. L'uso di questi copioni miscellanei, tratti da vari poeti e in particolar modo da Euripide, presupponeva naturalmente una netta evoluzione del gusto verso un teatro di svago, di tipo espressionistico: frequente diventa l'inserimento nel testo di canti "a solo" (i solisti, in pratica) di carattere fortemente mimetico, che esigevano le prestazioni di un attore professionista, esperto del canto, il "tragodòs".
Dai dati documentari emerge con chiarezza, accanto alla progressiva eliminazione del coro, questa spiccata prevalenza del canto, al punto che anche le parti recitative del dramma venivano ormai cantate con l'accompagnamento della cetra.
"Il complesso di questi elementi prova che in epoca ellenistica, a partire almeno dal III secolo a.C., le compagnie teatrali potevano liberamente trattare i testi drammatici dell'epoca precedente, sia attraverso la selezione e la combinazione di scene tratte da una o più tragedie, sia mettendo in musica parti redatte in metro che nel teatro classico era destinato alla pura e semplice declamazione o al recitativo" (B.Gentili, "Nuovi aspetti del teatro ellenistico: contaminazione e canto a solo", in "Storia e civiltà dei Greci").

Edited by MAguSS - 25/8/2005, 14:08
 
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MAguSS
view post Posted on 25/8/2005, 13:28




Il teatro ad Atene: dalla Commedia Antica alla Commedia Nuova
Per quanto riguarda l'evoluzione del teatro ad Atene, in età ellenistica assistiamo alla scomparsa di una produzione tragica originale, mentre rimane più vitale la tradizione comica. Ma anche in quest'ambito dobbiamo osservare che nella nostra conoscenza degli sviluppi e dell'evoluzione del teatro comico attico c'è una lacuna ampia circa un secolo, dal 388 a.C., anno della rappresentazione del "Pluto" di Aristofane (altre due commedie, il "Cocalo" e l' "Eolosicone" furono rappresentate dai figli nel 387-386 a.C.), al 320, allorchè ebbe inizio la carriera teatrale di Menandro.
Tra questi due autori, incarnazione di due concezioni assolutamente diverse del teatro, paradigmi di due stagioni della commedia che dagli antichi vennero definite rispettivamente "arkaia" e "nèa", diverse fonti collocano una fase intermedia denominata "mèse", che in particolare sarebbe stata caratterizzata dalla tematica della parodia mitologica, secondo un modello che giunge fino all' "Amphitruo" del latino Plauto. In realtà, dei commediografi del IV secolo ricondotti dagli antichi nell'ambito della "mèse" a noi sono giunti solo alcuni nomi (tra cui quelli di Antifane, Eubulo e Alessi), titoli di opere e frammenti troppo esigui per poterci essere d'aiuto in un lavoro sicuro di ricostruzione filologica e critica.
In effetti già il filosofo peripatetico di Euripide, Satiro di Callati, considerò il poeta tragico precursore della Commedia Nuova per l'intreccio romanzesco di alcuni drammi della sua fase artistica più tarda ("Elena", "Ione", "Ifigenia in Tauride"); anche il prologo informatore dei drammi menandrei, recitato spesso da divinità minori, è considerato di derivazione euripidea, anche se la cautela è doverosa nello stabilire rapporti diretti tra poeti vissuti a distanza di circa un secolo. Un'altra tradizione erudita riconobbe nell'ultimo Aristofane, autore del "Cocalo", commedia d'intreccio risolta da un'agnizione, un antecedente significativo del teatro comico del IV e del III secolo a.C., mentre in autori dell' "arkaia" come Cratete e Ferecrate già era possiblie osservare un'evoluzione del tono comico dalla feroce satira politica a forme più intime e attenuate.
 
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MAguSS
view post Posted on 25/8/2005, 13:43




Il contesto
Quello di cui possiamo essere certi è che nel corso del IV secolo l'evolversi delle dinamiche sociali, politiche e culturali denominarono, come in tutta la produzione artistica greca, così nella drammaturgia, un'evoluzione profonda.
Il teatro attico, legato in modo strutturale alla vita della collettività civica, non potè non subire il peso soverchiante del mutamento storico che portò al tramonto della polis come protagonista delle dinamiche storiche e a un'improvvisa dilatazione in prospettiva ecumenica dell'orizzonte culturale della grecità. Il cambiamento rovesciò ogni prospettiva sul piano politico, sociale, religioso e culturale. Anche il pubblico, destinatario dello spettacolo teatrale, subì una selezione profonda, un cambiamento della sua stratificazione sociale: da rappresentanza dell'impero corpo civico si ridusse a espressione prevalente delle classi sociali economicamente più forti, quindi più ridotto nel numero e assieme più omogeneo nella sua costituzione, in sintonia con i contenuti del nuovo teatro. La revisione strutturale del dramma di Menandro e degli altri autori della "nèa" rispetto a quello dell' "arkaia", con la scomparsa dell'agone, della parabasi, dei canti corali ridotti a interludi tra un atto e l'altro, delle parti cantate, dimostra che non c'è più bisogno del coro come mediatore istituzionale della collettività, una volta venuta meno la partecipazione totalitaria del corpo civico.
Venuti meno i grandi conflitti del teatro antico e le iniziative dell'ipertrofico eroe comico spesso contro il principio di realtà, il nuovo teatro si ispira costantemente al criterio di verosimiglianza, all' "eikòs" raccomandato da Aristotele, un criterio su cui, a partire da Menandro, si fonderà tutta la tradizione comica europea, a partire dalla "palliata" latina. La compatibilità con il reale si realizza in modo perfetto se l'interesse del poeta si ripiega verso la sfera del privato, verso l'universo domestico, l'unico presidio rimasto in un mondo all'improvviso sterminato, troppo lontano dalla misura politica tradizionale, troppo poco rassicurante, anche se aperto a prospettive audaci e promettenti per gli uomini animati da spirito d'avventura. La cura del microcosmo familiare e dell' "èthos" che deve governare i rapporti tra gli uomini risente della temperie culturale largamente influenzata dalle filosofie ellenistiche, nuovi capisaldi ideologici in un mondo privato di ogni riferimento ideale.
Le vicende delle quali è tessuta la Commedia Nuova sono vicende realistiche perchè compatibili con i dati dell'esperienza comune, anche se le violenze sessuali e le esposizioni di neonati, antefatto di molti drammi menandrei e dei comici della "nèa", furono forse sovrarappresentate per finalità drammaturgiche. I personaggi della scena hanno la stessa composizione sociale del pubblico, che può così stabilire una piena identificazione emotiva con quelli. Da grande fatto comunitario la commedia diventa preminentemente spettacolo, che ha la funzione di rassicurare con il lieto fine convenzionale. Il poeta comico si propone di divertire creando diversivi piacevoli e ben costruiti, soffusi anche di grazia attica e saggezza morale.
 
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