L'Età Ellenistica, Definizione, limiti cronologici e trasformazioni socio-culturali

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MAguSS
view post Posted on 20/8/2005, 12:00




Definizione e limiti cronologici

Fu un grande storico tedesco del XIX secolo, Johann Gustav Droysen, a dare il nome di "ellenistico" al periodo storico che va dalla morte di Alessandro Magno (323 a.c.) alla fine della monarchia tolemaica in Egitto in seguito all'esito della battaglia di Azio (31 a.c), in cui Ottaviano superò il rivale Antonio e la sua alleata egiziana, Cleopatra. Per Droysen l'elemento decisivo e caratterizzante di questi tre secoli fu l'incontro tra Greci e Oriente, ed infine l'avvento del cristianesimo. Incerti sono tuttavia i limiti temporali di questa età, che per alcuni continua ben oltre l'avvento della dominazione romana, per estendersi fino alla fondazione di Costantinopoli (330 d.c.) e all'avvento della civiltà bizantina; e tuttavia, in termini strettamente storico-politici, l'egemonia di Roma, a partire dal II secolo a.c. fu indubbiamente elemento determinante, e lo divenne a maggior ragione con la nascita del Principato e dell'Impero. Per questa ragione usiamo oggi distinguere fra età ellenistica vera e propria ed età ellenistico-romana o età imperiale, la quale viene di fatto a sovrapporsi, nella sua fase finale (detta tardoantica), con l'età protobizantina.

 
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view post Posted on 20/8/2005, 12:13




Da Alessandro Magno ai regni ellenistici

Alessandro, re di Macedonia fra il 336 e il 323 attaccò e distrusse l'impero persiano degli Achemenidi; tuttavia, dopo la sua morte improvvisa, i suoi generali, noti comunemente con il nome di "Diàdokoi" ("Successori"), frantumarono l'impero universale da lui creato e fondarono dinastie personali alla testa di vasti Stati territoriali: Tolomeo in Egitto e in parte della Siria, Seleuco in Mesopotamia e in Siria, Lisimaco in Asia Minore a nord del Tauro. Dopo la battaglia di Curupedio (281) i Lagidi consolidarono il loro dominio sull'Egitto, Antioco I figlio di Seleuoco allargò il suo potere in Asia, e Antigono Gonata, figlio di Demetrio Poliorcete e nipote di Antigono Monoftalmo, acquistò la MAcedonia controllando di lì gran parte della Grecia; intorno al 25o a.c. la Partia con la dinastia degli Arsacidi si rese indipendente dai Seleucidi, mentre intorno al 230 Attalo I di Pergamo, reggitore di una città-stato all'interno dello Stato seleucide, fondò una monarchia anche formalmente autonoma, allargando il suo potere su uno stato territoriale.
Questi furono i principali regni ellenistici, mentre meritano semplicemente una menzione il regno greco di Battriana e uno Stato greco-indiano fondato nella regione del Punjab. In Grecia le antiche città-stato sopravvissero in una condizione di sempre più palese sudditanza, prima nell'orbita dei Macedoni, poi, dopo la battaglia di Pidna (168 a.C.), in quella di Roma. L'avvento dell'età ellenistica fu dunque determinato dalla conquista, da parte dei Macedoni, cui si unirono i Greci con loro arruolati, delle popolazioni degli antichi territori dell'impero persiano. Una piccola minoranza di Greco-Macedoni costituì i quadri dirigenti dell'esercito e dell'amministrazione: alla testa del governo si collocarono i sovrani circondati dai rispettivi stati maggiori. Questi Stati mutuarono dal caduto impero persiano la forma di governo monarchica, già teorizzata peraltro dai Greci nel IV secolo a.C. adottando un modello di stato fortemente accentrato, temperato dall'evergetismo e dal mecenatismo culturale, e consolidato dalla divinizzazione della figura del sovrano, almeno in Egitto, che ereditò anche un'amministrazione burocratica centralizzata di derivazione faraonica, un sistema estremamente articolato di tasse e monopoli e un tesoro a discrezionale disposizione del sovrano. Uno strato sottile di funzionari macedoni, greci o grecizzati, di militari, di intellettuali separava il vertice della piramide dalla base, costituita dalle popolazioni locali sottomesse, separate dal ceto dirigente da forti barriere sociali, etniche o linguistiche; in particolare infatti, la nuova classe dirigente ellenica o ellenizzata abbandonò progressivamente come lingua d'uso i dialetti tradizionali, per elaborare una nuova "koinè diàlektos", una "lingua comune" a base attica, ma con intrusione di elementi dialettali diversi, destinata a divenire la lingua internazionale della burocrazia, del governo, dei traffici mediterranei.
 
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MAguSS
view post Posted on 20/8/2005, 14:21




I nuovi centri della cultura ellenistica

Nel V secolo a.C., il secolo della tragedia attica e della storiografia, il centro politico e culturale egemone in Grecia era stato Atene che, dopo il trentennio menandreo tra la fine del IV secolo e l'inizio del III, rimase sede delle scuole filosofiche, come l'Accademia, il Peripato, il Giardino di Epicuro, la Stoà di Zenone. Invece nel III secolo e in quelli successivi la nuova civiltà ellenistica appare caratterizzata da un marcato policentrismo culturale.
Alessandria d'Egitto, la città fondata da Alessandro nel 331, in pochi decenni divenne la maggiore metropoli del mondo mediterraneo. La politica di investimenti edilizi, artistici, culturali di Tolomeo I e del figlio Tolomeo II Filadelfo, a lui succeduto nel 287, portò a un'espansione straordinaria del nucleo urbano, fondato lungo il ramo più occidentale del delta del Nilo, tra l'isola di Faro e la terraferma, accanto a un insediamento indigeno precedente. Nell'area del quartiere reale fu fondato il Museo o "Santuario delle Muse", accademia scientifica e istituto di ricerca e insegnamento dove furono chiamati, a spese dello Stato, letterati, eruditi e scienziati da ogni parte del mondo greco. Accanto al Museo e per scopi di ricerca e insegnamento fu costituita una Biblioteca che raccolse i volumi dei maggiori scrittori greci da Omero in poi e che annoverò tra i suoi direttori, filologi come Zenodoto, poeti come Apollonio Rodio, scienziati come Eratostene. Fu proprio grazie all'istituzione del Museo che Alessandria d'Egitto finì per sostituirsi progressivamente ad Atenecome capitale culturale dell'universo ellenistico. Presso la grande Biblioteca dei Tolomei i testi degli antichi scrittori, percepiti ormai, nella loro lontananza temporale e spaziale, come depositari della tradizione culturale e paideutica della grecità in territorio coloniale, furono catalogati, studiati e analizzati nelle "ekdòseis", nei "commentari". Alessandria, città multietnica e poliglotta, ospitava i maggiori poeti della nuova poesia detta appunto "alessandrina": Filita, Callimaco, Apollonio Rodio, Teocrito.
Accanto ad Alessandria, altro centro culturale importante fu Antiochia, colonia seleucida sull'Oronte, arricchita anch'essa da una biblioteca, alla direzione della quale Antioco I chiamò il poeta Euforione di Calcide. Anche il nuovo regno di Pergamo si adornò di una biblioteca imponente che contese il primato a quella di Alessandria. Sotto Antigono Gonata, a Pella, la corte macedone ospitò Arato, l'autore dei "Fenomeni" tanto apprezzati da Callimaco. Rodi, ricchissima per i traffici marittimi e famosa per la su aguerra contro i pirati, ebbe il privilegio di una scuola retorica di altissimo livello. Cenacoli poetici sorsero a Samo, intorno al grande poeta di epigrammi Asclepiade, e a Cos, intorno al poeta e filologo Filita, il primo poeta-grammatico.
 
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MAguSS
view post Posted on 22/8/2005, 15:23




Trasformazioni sociali e culturali

Durante i secoli dell'ellenismo, in particolare nel corso del III secolo a.C. nelle poleis del continente o delle isole i cittadini continuarono a occuparsi della politica municipale, anche se priva ormai di ogni respiro internazionale, e sempre più sottoposta a tutela da parte di protettori stranieri; ancora nell'Atene del IV secolo la politica attiva era stata il pane quotidiano di quasi tutti i cittadini. Ora però questa politicità di fondo dell'uomo greco si ridusse per lo più ad un angusto municipalismo o cessò del tutto nelle nuove città del bacino del Mediterraneo orientale e negli Stati territoriali di recente acquisizione, nei quali le funzioni di governo erano delegate a una burocrazia centralizzata e onnipotente, ignota fino ad allora al mondo greco. Questo fatto oggettivo non potè non favorire una crescente depoliticizzazione e una conseguente tendenza al riflusso individualistico, a un ripiegamento nell'universo domestico, come già mostra la Commedia Nuova: un individualismo che le nuove filosofie dell'epicureismo e e dello stoicismo teorizzavano e giustificavano all'insegna di nuove categorie etiche. La tendenza cosmopolita teorizzata dallo stoicismo, fu ampiamente fatta propria dai commercianti internazionali (per ovvi motivi, direi....) e dai ceti intellettuali. Nel campo più propriamente religioso, la classe dirigente greco-macedone continuò a onorare formalmente le divinità olimpiche, ma in realtà si accrebbe il divario tra l'agnosticismo e il laicismo diffuso nell'ambito della classe di governo e la fede della religione popolare. Naturalmente si estese il fenomeno del sincretismo tra divinità orientali e divinità elleniche, che portò per esempio all'ellenizzazione di divinità tradizionali egizie come Serapide e Iside; si allargò in particolare la ricerca di salvezza terrena e ultraterrena affidata alla fede nei culti misterici.
 
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MAguSS
view post Posted on 22/8/2005, 15:31




Dalla "performance" alla lettura

Ma per comprendere i caratteri nuovi della letteratura fiorita a partire dal III secolo a.C. occorre ricordare in primo luogo come un fattore fondamentale di mutamento nell'ambito delle forme espressive fu il graduale diffondersi della pratica della lettura come mezzo privilegiato di ricezione del testo. Fino a tutto il V secolo il poeta comunicava ancora direttamente con il pubblico, costituito potenzialmente dall'intera collettività civica o da gruppi più ristretti e omogenei come le "eterie", attraverso la "performance", la pubblica esecuzione legata alle grandi occasioni sociali rappresentate da agoni, festività pubbliche e religiose. L'epica prima, poi la grande lirica corale e il teatro tragico e comico furono dunque innanzitutto grandi esperienze spettacolari collettive, mentre dal canto loro elegia, giambo, melica monodica ebbero per destinazione il simposio: in entrambi i casi rimane il fatto che nell'ambito dell'esecuzione autore e pubblico si condizionavano reciprocamente, in rapporto fortemente empatico.
Questi furono per secoli i caratteri dell'oralità, prima, e quindi dell'auralità letteraria, difesa ancora da Platone come unico autentico strumento di comunicazione culturale. Questo carattere collettivo della grande poesia classica venne a mancare completamente allorchè, affermatasi la scrittura come nuovo veicolo della comunicazione letteraria, le lettura diveniva il tramite privilegiato di approccio all'opera d'arte, almeno da parte delle classi dirigenti del mondo ellenistico. Ora l'autore, compositore solitario e appartato del testo, si rivolge in forma indiretta (mediata dal "volumen" di papiro) alla ristretta cerchia dei letterati di corte, dei funzionari e del ceto di governo nonchè a un eventuale (ma sempre più fondamentale) destinatario astratto, remoto nello spazio e nel tempo (la "posterità", di cui si cerca di pilotare l'attenzione attraverso una fitta rete di segnali metaletterari e metatestuali. In ultima analisi, la fruizione del testo dipende soprattutto dal destinatario e dalla sua cultura, venuta meno ormai in ogni forma di empatia tra autore e destinatario.
 
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