La città greca ha, all'origine, una conformazione e una struttura molto semplici. La città è dominata dall'altura dell'acropoli, sorta dapprima per esigenze difensive e come dimora principesca, e poi riservata quasi esclusivamente a santuari ed edifici rappresentativi. Il centro della vita civile, politica e commerciale è invece posto nell'agorà, in genere in pianura. Al disotto si stende liberamente la città bassa (àstu), dove risiedono artigiani, mercanti, contadini. Col tempo, i legami tra città alta e città bassa si fanno più stretti; la vita urbana diviene più complessa e differenziata e la città si presenta come un organismo articolato. Si moltiplicano così i "tipi" di edifici (templi, teatri, scuole, palestre, etc.) sempre collegati alla struttura organica della città e alle esigenze della vita comunitaria. L'ordine urbanistico era legato all'ordine politico: quando la popolazione superava un numero stabilito dalle leggi, una parte di essa andava a fondare una nuova città (colonia). Della città di Rodi, disegnata da Ippodamo di Mileto, il costruttore delle mura del Pireo ad Atene, così scrive lo pseudo-Aristide (trattato anonimo, forse di Aristide): "Nell'interno di Rodi non si vedeva una piccola casa a fianco di una grande; tutte le abitazioni erano di uguale altezza e offrivano il medesimo ordine di architettura, di modo che l'intera città sembrava formare un solo edificio. Larghissime strade la traversavano in tutta la sua estensione. Esse erano tracciate con tant'arte, che da qualunque parte si volgesse lo sguardo, l'interno presentava sempre una bella decorazione. Le mura, nel vasto recinto della città essendo frammezzate da torri di sorprendente altezza e bellezza, eccitavano in particolar modo l'ammirazione. Le alte loro sommità servivano di faro ai naviganti. Tale era la magnificenza di Rodi, che senza averla veduta non poteva l'immaginazione formarsene un'idea. Tutte le parti di questa immensa città, congiunte fra loro in bellissime proporzioni, componevano un insieme perfetto, a cui le mura sembravano far da corona. Era la sola città che si potesse dire fortificata come una piazza da guerra ed ornata come un palazzo".
I teorici neoclassici del Settecento vedevano nell'architettura greca l'immagine di una società ideale (non a torto...), fondata su "leggi naturali" e, anche per polemica contro la complessità strutturale e decorativa del Barocco, di quell'architettura celebravano soprattutto la semplicità, virtù naturale e razionale ad un tempo. Evitava ll'imponenza delle grandi moli e cercava l'armonia delle proporzioni, commisurando (calcolando matematicamente) le forme alla funzione statica, cioè il sostegno al peso e il pieno al vuoto, il volume dell'edificio allo spazio naturale. Il tempio greco, aggiungevano, discendeva dai primi templi lignei, costruiti dai pastori nei luoghi frequentati dagli Dèi, come una casa preparata a riceverli; e ne conservava la memoria nelle dimensioni limitate, a misura umana, nella nitidezza degli incastri e degli intagli, precisi come fossero fatti nella pasta tenera e compatta del legno. Che cosa c'è di vero in questa concezione palesemente influenzata dalle poetiche d'Arcadia e dalla teoria illuministica sull'origine naturale della società civile?
Più di quanto non si creda. Indubbiamente l'antica architettura greca è l'opposto dell'architettura gigantesca, massiccia, fastosamente adorna degli imperi asiatici. Ciò che domina è il proporzionato equilibrio di verticali e orizzontali, di pieni e di vuoti. Nel tempio egizio i sostegni sono altissimi e possenti pilastri molto ravvicinati: si vuole che la costruzione dia un immagine di forza, sovrasti con la sua mole l'ambiente; nel tempio greco i sostegni sono colonne i cui diametri sono commisurati all'altezza e all'intervallo, e così manifestano visibilmente quella legge di misura e di equilibrio di forze che regge la natura. Davanti alle piramidi egizie o alle rovine di Babilonia, si pensa alle falangi di schiavi che hanno trascinato e sollevato gli enormi blocchi per il monumento del despota; il tempio greco è stato costruito dal popolo per dare una forma al sentimento del sacro di cui lo riempiva la contemplazione della natura. Non è più il luogo dove si celebrano sacrifici sanguinosi per incutere nel popolo il terrore del potere; è il luogo dove il popolo accorre, in liete processioni, nelle feste delle comunità. Di qui anche la nitida funzionalità della sua forma: il fulcro della costruzione non è la cella chiusa, dove si conservava il simulacro del dio, ma il porticato (peristilio) e lo spazio anteriore, dov'era collocata l'ara e dove si svolgevano i riti in cospetto dei fedeli adunati intorno.
Che il tempio greco dervivi dalle più antichi costruzioni lignee non è provato soltanto dalle proporzioni e dalla struttura: sopravvivono, benchè ridotti a memoria simbolica, l'alto basamento (stilòbate) di pietra, che isolava il piede delle colonne lignee dall'umidità del suolo, gli spioventi del tetto, le gronde, i gocciolatoi che impedivano le infiltrazioni dell'acqua piovana. Dove però meglio si manifesta l'origine dalla costruzione lignea è nell'elemento fondamentale del sistema statico, la colonna. Non è un elemento nuovo, perchè già si trova nei palazzi cretesi. Ma nell'architettura greca la funzione portante determina la dimensione, le proporzioni, la forma plastica delle colonne e le larghezze degli intervalli.
Edfu, Egitto. Tempio di Horus, interno. I secolo a.C.Pesto, tempio di Poseidone. V secolo a.C.[/SIZE]