Apollo, la Luce e la PurezzaDio raggiane e della benefica luce, Sole che viene fuori dal grembo della notte (Latona infatti vuol dire "la nascosta"), Apollo simboleggia il trionfo del giorno sulle potenze oscure della notte, quindi anche di tutte le forze benefiche riferibili ai positivi effetti della luce e del calore solare (se qualcuno fosse interessato ad approfondire questo aspetto riferito all'uomo, invito tutti a leggere ciò che Nietzsche ha scritto riguardo all'uomo come una medaglia, che presenta da un lato la componente Apollinea della luce e della virtù, e dall'altra la componente Dionisiaca dell'ebbrezza e della passione). Era infatti venerato come Targelio, il calore fecondo che matura i frutti (da cui il nome Targelione per indicare il mese di Maggio); con gli appellativi di Sminteo (da "sminthos", "topo") e di Parnopio (da "parnops", "cavalletta") era adorato come distruttore di topi e locuste e liberatore dell'Umanità dalle piaghe che essi costituiscono. Egli è anche il Dio ispiratore di ogni bellezza poetica, quindi della musica e della poesia, e dirige il coro delle Muse, figlie di Zeus e Mnemosine. I suoi simboli sono infatti l'arco e le frecce, chiaro riferimento al Dio solare che può ferire con il dardo dei suoi raggi, oppure l'alloro che gli cinge la testa e la cetra che suona con il plettro, che ben si adattano all'aspetto di Dio musico.
Fra gli animali a lui sacri si ricordano il cigno, il lupo e il delfino: il cigno perchè nel momento della sua nascita uno stormo di cigni aveva miracolosamente fatto per sette volte il giro dell'isola su cui era nato; il lupo perchè Apollo è lo sgominatore del feroce animale che rendeva pericolosi gli inverni (infatti era adorato anche con l'appellativo di Liceo, da "lykos", "lupo"); il delfino perchè esso era così caro al Dio che ne assumeva le sembianze spesso, per solcare le onde marine e, non di rado, per salvare qualche naufrago.
Tuttavia, l'attributo più famoso del Dio era il tripode, che faceva chiaro riferimento alle sue capacità divinatorie e al dono della profezia, che egli presiedeva e che poteva concedere alle sacerdotesse dei suoi santuari. Apollo si era infatti recato a Delfi, in Focide, dove aveva ucciso con le sue frecce un drago chiamato Pitone, incaricato di custodire un oracolo di Temi, la Dea della Legge: una fessura nella terra dalla quale fuoriuscivano esalazioni in grado di far cadere in trance e di far emanare profezie. Il drago, però, si abbandonava ad ogni genere di devastazioni nella regione, distruggendo i raccolti, uccidendo i contadini, saccheggiando i villaggi e persino intorbidendo le fonti e i ruscelli. Ucciso Pitone e preso possesso dell'oracolo, Apollo, che da quel momento prese l'appellativo di Pitico, donò al santuario un tripode di bronzo ed assegnò la sua pratica divinatoria ad una sacerdotessa, detta da allora la Pizia. Questa, seduta sul grande tripode del Dio, inalando gli effluvi della terra e masticando foglie di alloro, dava, alle domande che le venivano poste, sibillini responsi che poi venivano sciolti da una schiera di interpreti sacri, addetti a tale incarico.
Dio della Bellezza, quindi anche delle qualità fisiche oltre a quelle morali, Apollo era raffigurato come il più attraente degli Dei, alto e con bellissimi capelli; egli ebbe pertanto numerosi amori, sia con donne mortali che con Dee.
Irritato dalle canzonature di Apollo, che lo derideva perchè goffo nei suoi primi esercizi con l'arco (nel quale invece il Dio era esperto), Eros, Dio dell'Amore, decise di vendicarsi: provocò cosi' l'infatuazione del Dio per Dafne, la bellissima figlia del Dio del fiume Peneo, in Tessaglia. La giovane, tuttavia, non avendo intenzione di concedersi all'abbraccio di Apollo, cominciò a fuggire sulle montagne; inseguita dal Dio, nel momento in cui stava per essere raggiunta, implorò il padre Peneo affinchè intervenisse per salvarla e questi la trasformò in una pianta, l'alloro (in greco "dafne"), che da quel momento rimase l'albero sacro ad Apollo.
Il Dio amava anche unirsi alle Ninfe, e da una di queste, Cirene, ebbe Aristeo, il semidio che insegnò agli uomini l'arte di lavorare il latte, di allevare le api per ricavare il miele e di coltivare la vite per ottenere il vino, oltre all'uso di reti e trappole per la caccia.
Tra gli amori mortali, uno dei più famosi fu quello con Ecuba, moglie di Priamo, re di Troia, con la quale Apollo generò Troilo, il più giovane principe della casa regale troiana; secondo un oracolo, se Troilo fosse rimasto in vita raggiungendo i venti anni di età, Troia non avrebbe potuto essere conquistata; così durante la guerra di Troia, Achille si nascose e tese un agguato al giovane che era uscito di soppiatto dalla città per recarsi alla fonte insieme alla sorella Polissena, lui ad abbeverare i cavalli, lei ad attingere acqua.
Infine da Coronide, figlia del re dei Lapiti, ebbe Asclepio, il Dio della Medicina.
Apollo amava anche la sorella di Troilo, la principessa Cassandra, figlia di Priamo ed Ecuba; per conquistarla, le promise che avrebbe rivelato a lei l'arte della profezia, ma Cassandra, dopo essere stata istruita, si rifiutò al Dio, che per punirla la condannò a non essere mai creduta nelle sue predizioni (a questo rimando alla lettura della splendida tragedia di Eschilo, l'Orestea).
Apollo non disdegnò nemmeno gli amori maschili tra i quali si ricordano quello per Giacinto e per Ciparisso, le cui morti, o meglio le cui metamorfosi in fiori o alberi confermano l'intimo legame del Dio con le forze della natura.
Artemide, la Vergine CacciatriceGemella di Apollo, nata sull'isola di Delo appena prima di suo fratello ma già pronta ad aiutare nel parto la madre Latona, Artemide scelse l'eterna giovinezza delle vergini, dedicandosi esclusivamente alla vita avventurosa della caccia nei boschi. Armata di arco e frecce, la Dea era ritenuta responsabile delle morti improvvise e indolori e di quelle dovute al parto. Altera e vendicativa, non tralasciava di infierire su tutti coloro che le recavano offesa. Contro Oineo, ad esempio, che aveva dimenticato di renderle un doveroso sacrificio, mandò il terribile cinghiale di Calidone; contro Orione, gigantesco cacciatore figlio di Poseidone, che aveva tentato di violentarla, inviò uno scorpione che lo punse al tallone e lo uccise; per aver reso tale servigio la Dea trasformò lo scorpione e la sua vittima Orione in costellazioni: è per questo che la costellazione di Orione fugge sempre da quella dello Scorpione; contro Atteone, figlio di Aristeo, che l'aveva inavvertitamente scorta nuda mentre ella si bagnava in una fonte, aizzò la muta di cinquanta cani dello stesso Atteone, che ella aveva nel frattempo trasformato in cervo; i cani, non riconoscendolo nella nuova sembianza, lo sbranarono; poi cominciarono a cercarlo invano nella foresta, riempiendola di ululati, fino a che il Centauro Chirone si impietosì e li placò modellando una statua ad immagine di Atteone; sorte analoga toccò a Callisto, vergine cacciatrice e compagna della Dea, che si lasciò sedurre da Zeus che aveva assunto le sembianze della stessa Artemide (Callisto infatti non si faceva avvicinare da nessun uomo); durante un bagno in una fonte, Callisto fu costretta a denudarsi e a rivelare il proprio stato (darà poi alla luce Arcade, l'eroe eponimo dell'Arcadia); Artemide, irritata per il tradimento, la scacciò e la trasformò in un'orsa, alla quale cominciò a dare la caccia, e che finì per uccidere con le sue frecce; ma Zeus, impietosito, la trasformò nella costellazione dell'Orsa Maggiore.